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Intorno al Risorgimento italiano si affollano una molteplicità di domande: che cos’è? Quando comincia e quando finisce? quali ne sono i protagonisti? Quali tracce ha lasciato? Ha ancora una sua attualità? Queste domande, avanzate a proposito di qualsiasi vicenda storica di un certo rilievo, vengono poste, oggi, con particolare insistenza per il Risorgimento. I motivi sono essenzialmente politici: l’Italia, nel confronto europeo e in quello internazionale, è alla ricerca di una sua identità che, per quanto nuova, deve essere compatibile con quella attuale e con quella passata. Di queste ultime due serve, quindi, una valutazione quanto più possibile serena e vicina alla realtà. Sulla questione si è accesa una disputa molto vivace. Anche il Risorgimento, come altri fenomeni storici, a cominciare dalla Shoah, conosce i suoi revisionisti e perfino i suoi negazionisti, ma anche i suoi conservatori, legati alla tradizione (chi più, chi meno). Persuasi che l’obiettività dello storico consista – oltre che nella doverosa verifica documentaria e nella disponibilità al dialogo e al controllo reciproco con quella che viene chiamata la comunità scientifica – nel dichiarare preliminarmente e apertamente la sua posizione interpretativa, affermiamo, fin dall’inizio, di far propria la convinzione di coloro che ritengono essere l’unità e l’indipendenza del Paese una finalità degna di essere raggiunta, conservata e accresciuta: un valore.